QUANDO ARRIVERANNO LE BISTECCHE EDITATE?

Maiali resistenti alla peste suina, polli immuni all’influenza aviaria, mucche adattate alle regioni tropicali. Sono alcuni dei progetti in corso per l’applicazione delle nuove tecniche di editing genomico alla zootecnia, rimasta finora ai margini dell’ingegneria genetica per questioni regolatorie e per la diffidenza dei consumatori. Riuscirà CRISPeR a superare questi ostacoli, aprendo la strada a sviluppi che potrebbero rivoluzionare anche il benessere degli animali?

Se sentiamo la parola Ogm, di solito pensiamo alle piante, non agli animali. Negli ultimi 20 anni, infatti, il settore zootecnico ha dovuto rinunciare al contributo dell’ingegneria genetica per le incertezze regolatorie prima ancora che per la diffidenza del mercato. A conti fatti c’è un solo animale transgenico venduto a scopo alimentare in un solo stato del mondo (il salmone a crescita rapida AquAdvantage, approvato in Canada dopo ben due decenni di attesa), mentre le piante transgeniche sono coltivate su oltre 180 milioni di ettari in più di venti paesi. Le nuove biotecnologie ora bussano anche alle stalle, riusciranno a entrare?

Ci sperano al Roslin Institute, il centro scozzese che ha dato i natali a Dolly e ora si serve di CRISPR per rendere i maiali resistenti alla sindrome riproduttiva e respiratoria PRRSV. Questa malattia è la più dannosa a livello globale per la suinicoltura ed è causata da un virus. Una volta identificato il recettore usato dal patogeno come porta di ingresso per infettare le cellule, i ricercatori hanno provveduto a bloccarlo rimuovendo un pezzetto del gene che lo codifica. Se tutto andrà come previsto, ora il tratto sarà introdotto negli animali scelti per la riproduzione da una società specializzata in breeding dei suini (Genus PIC). La direttrice del Roslin, Eleanor Riley, si augura che entro 5 anni questi animali potranno ottenere il via libera per debuttare in fattoria.

In Scozia si lavora anche su altri filoni, tra cui i maiali resistenti alla peste suina africana, i polli immuni all’influenza aviaria, i bovini migliorati per aumentare la produzione di latte nelle aree tropicali. Per quest’ultimo progetto, illustrato su Foreign Affairs da Bill Gates, gli scienziati del Centre for Tropical Livestock Genetics and Health dell’Università di Edimburgo hanno avviato collaborazioni in Etiopia, Kenia, Nigeria e Tanzania. L’idea è di concentrarsi sui geni che rendono tanto produttiva la razza Holstein usata nei grandi allevamenti dei climi temperati e di correggere di conseguenza il genoma delle vacche tropicali. Oppure di modificare le Holstein per renderle più adatte alle condizioni ambientali africane.

In America, invece, gli animali simbolo della nuova stagione biotech sono le Holstein private delle corna per via genetica anziché chirurgica, come si fa normalmente per evitare che gli animali si feriscano tra loro. Questa applicazione dell’editing genetico potrebbe piacere sia agli allevatori che agli animalisti più pragmatici, perché riduce la sofferenza degli animali. A ostacolarne la diffusione però, non solo nella sospettosa Europa ma anche negli Stati Uniti, potrebbero essere gli intralci burocratici. Per una serie di incongruenze di origine storica, infatti, gli animali editati ricadono sotto l’attenta supervisione della Food and Drug Administration, come i farmaci, mentre delle piante editate si occupa, in modo meno oneroso, il Dipartimento dell’agricoltura. Se questa disparità dovesse permanere, sostiene un’analisi pubblicata sull’ultimo numero del CRISPR Journal, il settore zootecnico di fatto faticherà a entrare nell’era CRISPR perché soddisfare la sovraregolamentazione imporrebbe tempi e costi proibitivi. Una soluzione potrebbe essere quella adottata dall’Argentina: regolamentare gli animali editati come le piante editate, esonerando dai controlli più pesanti i prodotti in cui la correzione genetica non ha richiesto l’inserzione di materiale genetico estraneo. Vale la pena di ricordare che il miglioramento convenzionale non è formalmente regolamentato ma non è di per sé più benevolo, anzi nel corso del tempo ha portato allo sviluppo di fenotipi estremi grazie alla selezione di mutazioni spontanee. Il benessere degli animali, dunque, non dipenderà da un sì o da un no all’uso di CRISPR, ma da come decideremo di usare le tecnologie vecchie e nuove. “L’editing dei genomi non pone problemi inediti dal punto di vista categoriale, ma portando questi temi sotto i riflettori può sollecitarci a ripensare il tipo di rapporto che vogliamo avere col mondo animale”, ci ha detto Simone Pollo della Sapienza di Roma. “Se poi CRISPR favorisse lo sviluppo della coltivazione in vitro della carne, questa sì che sarebbe una rivoluzione per l’etica”, ha aggiunto il bioeticista, autore per Carocci del saggio “Umani e animali”.

Tratto da 

CRISPeR MANIA

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