CON PHARMASEA, LA RICERCA DI NUOVI ANTIBIOTICI SI FA NELLE FOSSE OCEANICHE

Nave AntartideNel profondo degli oceani alla ricerca di nuovi composti bioattivi isolati da organismi marini.

È questo, in estrema sintesi, l’obiettivo del progetto europeo PharmaSea in cui gli scienziati del Regno Unito, Belgio, Norvegia, Spagna, Irlanda, Germania, Italia, Svizzera e Danimarca lavoreranno insieme per raccogliere e setacciare campioni di fango e sedimenti, prelevati da grandi fosse oceaniche fino ad oggi mai esplorate e mai oggetto di prelievi scientifici.

Il progetto si concentra sulla ricerca PharmaSea BioDiscovery e lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi composti bioattivi a partire da microrganismi marini, tra cui spugne e batteri presenti nelle acque profonde. Il progetto PharmaSea è finanziato dall’Unione Europea con oltre 9,5 milioni di euro e vede la partecipazione di 24 partner provenienti dall’industria, dal mondo accademico, dalle Ong di 14 Paesi ed supportato anche da partner provenienti da Cina, Cile, Costa Rica, Nuova Zelanda e Sudafrica.

L’Italia partecipa al progetto con un gruppo di ricerca dell’Istituto di Biochimica delle proteine del Cnr di Napoli, diretto dalla Dottoressa Daniela Corda, che è coinvolto nell’isolamento e caratterizzazione di composti antimicrobici da batteri antartici attivi contro alcuni ceppi batterici appartenenti alle genere Burkholderia, microorganismi patogeni opportunistici che infettano, spesso mortalmente, i pazienti affetti da Fibrosi Cistica.

La resistenza agli antibiotici sta diventando un problema sempre più grave. Oggi il bollettino scientifico dell’Ue Cordis sottolinea che «Ogni volta che si usa un antibiotico, i ceppi più deboli dell’infezione vengono uccisi mentre quelli più forti e virulenti resistono e si moltiplicano. In passato, questo non era fonte di grande preoccupazione, poiché era sempre disponibile un nuovo farmaco per combattere l’infezione. Ora, tuttavia, stiamo esaurendo le opzioni».

Marcel Jaspars, professore di Chimica e Direttore del Centro di biologia marina presso l’Università di Aberdeen, conferma le difficoltà alle quali andiamo incontro con un semplice dato: dal 2003 ad oggi «Non è stato registrato nessun nuovo antibiotico. L’interesse nello sviluppo di nuovi antibiotici è calato poiché vengono usati solo per brevi periodi di tempo e la loro efficacia è limitata a circa 10 anni. Questo non li rende degli investimenti redditizi per le case farmaceutiche e, di conseguenza, le nostre scorte si stanno esaurendo. Se non viene fatto nulla per combattere questo problema, noi in circa 10 o 20 anni siamo destinati a tornare ad una “era pre-antibiotici”, dove insetti e infezioni che sono attualmente abbastanza facili da curare potrebbero rivelarsi mortali».

PharmaSea è un progetto che punta proprio a combattere il problema sempre più acuto della resistenza agli antibiotici, cercando nuovi farmaci nell’oceano, in particolare nei fondali degli oceani più profondi e freddi del pianeta, nell’Artico ed in Antartide, dove fino ad ora sono stati raccolti pochissimi campioni. Jaspar ribadisce che «Gli organismi marini che vivono oltre 2.000 metri sotto la superficie del mare sono considerati come una fonte interessante di nuovi composti bioattivi, poiché sopravvivono in condizioni estreme. Le fosse oceaniche sono separate le une dalle altre e rappresentano delle isole di diversità. Non sono connesse tra loro e la vita si è evoluta in modo diverso in ciascuna».

I primi test sul campo verranno eseguiti il prossimo autunno nella fossa di Atacama nell’oceano Pacifico orientale, al largo delle coste di Cile e Perù. Il team cercherà anche nelle acque dell’Artico al largo della Norvegia e nell’Antartico con partner italiani e sudafricani. Ci si spingerà in fosse profonde anche al largo della Nuova Zelanda e della Cina.

Uno degli obiettivi è quello di cercare nuovi antibiotici in batteri marini scoperti recentemente ed inoltre ci si concentrerà sulla scoperta di farmaci per malattie neurologiche, infiammatorie e altre di tipo infettivo.

PharmaSea evidenza che «Già da qualche tempo i ricercatori sanno che la grande diversità della vita marina negli oceani rappresenta ciò che potrebbe equivalere a una miniera d’oro farmaceutica mai esplorata prima. Gli oceani sono la fonte di un grande gruppo di prodotti naturali strutturalmente unici, che sono per lo più raccolti in invertebrati quali spugne, tunicati, briozoi e molluschi. Parecchi di questi composti (in particolare il metabolita ET-743 nei tunicati) mostrano notevoli attività farmacologiche e sono dei candidati interessanti per nuovi farmaci, soprattutto nel campo della cura del cancro. Altri composti sono attualmente in fase di sviluppo come analgesici (ziconotide ottenuto dal mollusco Conus magus) o per trattare le infiammazioni. Numerosi prodotti naturali provenienti dagli invertebrati marini mostrano impressionanti similitudini strutturali a metaboliti conosciuti di origine microbica, facendo pensare che dei microrganismi, batteri o microalghe, sono coinvolti almeno nella loro biosintesi».

PharmaSea non esplorerà solo nuovi fondali oceanici, ma anche nuove aree nello “spazio chimico”.

Camila Esguerra, ricercatrice industriale e docente al laboratorio per la bioscoperta molecolare dell’università belga di Lovanio, evidenzia che «Con la nostra ampia piattaforma di bioanalisi all’avanguardia per rilevare attività assimilabili a quella dei farmaci, noi testeremo molti composti chimici unici provenienti da questi campioni marini che non hanno, nel vero senso della parola, mai visto la luce del giorno. Noi siamo abbastanza fiduciosi di trovare un certo numero di eccitanti indizi per nuovi farmaci».

Per effettuare il campionamento, il team internazionale impiegherà delle strategie normalmente usate nel settore dei salvataggi. Ad effettuare la caccia fino a 8.000 metri ”ci sara’ la stessa azienda di ingegneria scozzese che ha permesso il ritrovamento del Titanic – racconta Esguerra – tramite un cavo lungo nove km”.

Il team di ricerca internazionale calerà uno strumento per la campionatura montato su cavi fino al fondo della fossa oceanica per raccogliere sedimenti. Gli scienziati tenteranno quindi di «Far crescere dai sedimenti batteri e funghi unici che possono essere estratti per isolare nuove molecole simili a farmaci per prove farmacologiche».

Jaspar conclude: «Noi siamo abbastanza fiduciosi di trovare un certo numero di eccitanti indizi per nuovi farmaci e il team si augura che, se tutto va bene, che i farmaci che scopriremo saranno pronti per l’uso sui pazienti nel giro di 10 anni. Questo aiuterà ad affrontare la questione delle infezioni batteriche, a causa delle quali muoiono ogni anno circa 25;000 cittadini dell’Ue».