PER L’AVIFAUNA I BATTERI SONO FONDAMENTALI PER COMUNICARE E ACCOPPIARSI

Per decenni i ricercatori hanno pensato che agli uccelli mancasse il senso dell’olfatto: erano convinti che gli odori si disperdessero nel vento e che quindi non fossero lo strumento più adatto per localizzare una preda o tenere d’occhio un predatore. Erano anche convinti che, invece, l’avifauna avesse affinato altri sensi, come la vista o l’udito, proprio perché l’odorato non era necessario. Di recente, tuttavia, nuove ricerche hanno ribaltato questa idea e ora lo studio “Experimental evidence that symbiotic bacteria produce chemical cues in a songbird”, pubblicato qualche giorno fa sul Journal of Experimental Biology (JEB) da un team di ricercatori delle università del Michigan, Wayne e dell’Indiana, ha rivelato che le specie di avifauna utilizzano l’odorato per identificare gli altri uccelli, e i ricercatori della Michigan State University hanno dimostrato che «se i batteri che producono l’odore vengono alterati, potrebbero avere un impatto negativo sulla capacità di un uccello di comunicare con altri uccelli o di trovare un compagno.

L’odorato è uno dei sensi vitali per la sopravvivenza di esseri umani e animali: ci avverte del pericolo, ci aiuta a trovare cibo e anche a comunicare e trovare un compagno. Ma se qualcosa interferisce con la capacità di annusare, o più precisamente con l’odore stesso, ci possono essere conseguenze.

Il team di ricercatori statunitensi ha scoperto che i profumi emessi dagli uccelli canori sono prodotti da alcuni batteri che vivono nell’uropigio, una ghiandola adiposa prominente che si trova sopra la coda e che «Questi batteri identificano un uccello rispetto agli altri uccelli. Se i batteri vengono rimossi o modificati, l’uccello non esprimerà le informazioni corrette».

Fino a poco tempo fa si pensava che l’olio secreto dalla ghiandola uropigena servisse a preservare le penne degli uccelli, ma studi di poco precedenti a questo pubblicato su JEB avevano già dimostrato che alcune specie comunicano proprio utilizzando l’olio di cui cospargono le loro piume e che alcuni uccelli mostrano una preferenza per determinati odori oleosi, con le femmine di alcune specie di uccelli canori che abbandonano il padre dei loro pulcini se arriva un maschio con un profumo migliore.

La principale autrice dello studio, Danielle Whittaker  del BEACON Center for the Study of Evolution in Action, fa notare che «Questo è lo stesso processo degli esseri umani. Ognuno di noi ha batteri sul suo corpo che creano odori come l’odore delle ascelle che è unico per ogni persona. Gli odori prodotti dagli uccelli sono unici anche per loro e consentono ad altri uccelli di ottenere informazioni cruciali sul processo di accoppiamento. Modificate i suoi batteri e un uccello potrebbero essere meno attraente per i suoi potenziali compagni».

Gli uccelli comunicano con gli odori per determinare lo stadio del processo riproduttivo, la qualità o lo stato ormonale di un potenziale compagno. Come gli esseri umani che si mettono il deodorante o il profumo, gli uccelli si pavoneggiano sfregando il becco sull’uropigio e poi strofinandone l’olio sulle piume e sul corpo.

Tutto è cominciato qualche anno fa: dopo che la Whittake aveva tenuto un discorso sulla sua ricerca sugli uccelli e sui profumi, una sua collega che studia come i batteri aiutano le iene a produrre il loro odore muschiato le ha chiesto se avesse mai esaminato i microbiomi degli uccelli. «Non avevo mai pensato ai batteri . ha confessato la Whittaker in un intervista al New York Times .- Ma tutti i composti che stavo descrivendo erano noti sottoprodotti del metabolismo batterico». E’ così che ha deciso di vedere se i batteri alimentavano gli odori negli uccelli canori che studia. Il suo team di ricercatori ha iniettato antibiotici direttamente nell’uropigio dei juncos occhiscuri (Junco hyemalis), cambiando così sia le comunità batteriche che gli odori. Hanno anche coltivato batteri prelevati direttamente dall’olio di uropigio e hanno misurato gli odori prodotti dai soli batteri, che comprendevano gli stessi odori presenti nell’olio di urupigio. Non è chiaro se i batteri siano i soli responsabili dell’odore o se anche gli stessi uccelli producano direttamente altre molecole odorifere.

Il prossimo passo sarà quello di capire quanto i batteri presenti nell’uropigio incidono sulla vita amorosa dei juncos. Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno scoperto che i juncos che vivono nelle aree urbane non si riproducono più con gli juncos che vivono nei boschi e il team della Whittake spera di riuscire a studiare se sano i cambiamenti nel microbioma di ogni popolazione ad isolarle riproduttivamente l’una dall’altra. È possibile che gli uccelli delle città e agli uccelli di campagna non piaccia letteralmente l’odore che hanno gli altri.

In effetti, lo studio “Conspecific olfactory preferences and interspecific divergence in odor cues in a chickadee hybrid zone”, pubblicato ad agosto su Ecology and Evolution  dai biologi della Lehigh University Alex Van Huynh e Amber Rice, ha dimostrato che le chickade dal cappuccio nero (Poecile atricapillus) e le chickade della Carolina (Poecile carolinensis), due specie dall’aspetto simile i cui habitat si sovrappone in una sottile fascia di territorio nel centro degli Stati Uniti orientali, usano il profumo per capire su una chickade appartiene alla loro specie o all’altrai. Van Huynh e Rice  hanno scoperto differenze chimiche tra gli oli dell’urupigio nelle due specie, ma non ne hanno studiato il microbioma. Le chickade hanno mostrato una preferenza per gli uccelli con lo stesso odore il che impedisce alle due popolazioni di incrociarsi. Tuttavia, lungo la zona di sovrapposizione dei loro areali le due specie di Chickadees a volte si accoppiano e si ibridano, il che significa che il profumo non è l’unico segnale che porta alla riproduzione.

La Whittake conclude: «I batteri possono cambiare per una serie di ragioni, tra cui l’ambiente, le infezioni, gli ormoni o le interazioni sociali. Questo vale anche per gli esseri umani. I nostri odori personali sono influenzati dai nostri microbiomi. Prendete ad esempio i prodotti antimicrobici. Sembrano un’ottima idea per rimanere puliti, fino a quando non ti rendi conto che possono cambiare negativamente il tuo microbioma. La stessa cosa vale per gli uccelli e altri animali».

Tratto dadel 14 Novembre 2019