LE MICROPLASTICHE MODIFICANO IL MICROBIOMA INTESTINALE DEGLI UCCELLI MARINI

L’inquinamento ambientale da microplastiche è un problema di grande attualità. Le microplastiche sono particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri che si formano solitamente dalla frammentazione di pezzi di plastica più grandi e che ora spuntando ovunque: sono state rilevate persino nelle profondità marine, in aree remote come l’Antartide e l’Everest. Secondo lo studio 18“Current levels of microplastic pollution impact wild seabird gut microbiomes”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution  da un un team di ricercatori tedeschi, portoghesi e canadesi, «Maggiore è la presenza di microplastiche nell’intestino degli uccelli marini, più cambia la diversità microbica, con il risultato che i batteri benefici diminuiscono e aumentano i patogeni, così come i microbi resistenti agli antibiotici e che degradano la plastica».

La principale autrice dello studio, Gloria Fackelmann dell’Institut für Evolutionsökologie und Naturschutzgenomik dell’Universität Ulm, sottolinea che «Esistono poche misure efficaci per frenare o combattere sistematicamente l’inquinamento da microplastica su scala globale. Questo probabilmente perché al momento ci sono poche prove che le quantità di microplastiche già presenti nell’ambiente abbiano un impatto negativo sulla salute delle specie colpite».

Nel loro studio, gli scienziati hanno esaminato il microbioma intestinale di due specie di uccelli marini, il fulmaro settentrionale (Fulmarus glacialis)  e la berta maggiore (Calonectris diomedea borealis – entità atlantica) che vivono principalmente in alto mare e si nutrono di molluschi, crostacei e pesci. Inoltre, durante l’anno entrambe le specie migrano per migliaia di chilometri, consentendo di trarre conclusioni globali.

I ricercatori hanno caratterizzato il microbioma intestinale di 85 uccelli marini utilizzando il sequenziamento ad alto rendimento e spiegano che «Le microplastiche filtrate dal tratto gastrointestinale degli uccelli marini, sezionate  attraverso un setaccio da 1 millimetro, sono state esaminate al microscopio ottico e caratterizzate utilizzando un protocollo standard per gli uccelli marini».

Quello che hanno scoperto è che «L’ingestione di microplastiche modifica le comunità microbiche in tutto il tratto gastrointestinale di entrambe le specie di uccelli marini. La quantità di microplastiche nell’intestino è correlata in modo significativo con la diversità microbica e la composizione della comunità batterica intestinale: le microplastiche sono state associate a una diminuzione dei batteri commensali e a un aumento dei microbi patogeni (zoonotici), resistenti agli antibiotici e che degradano la plastica».

Gli scienziati rivolgono un’attenzione particolare sul microbioma intestinale come indicatore di salute e come componente chiave dell’immunità e del benessere dell’animale ospite e fanno notare che «Più microplastiche si trovano nell’intestino, meno batteri commensali potrebbero essere rilevati. I batteri commensali svolgono funzioni essenziali nel corpo che vanno ben oltre la digestione e il metabolismo dei nutrienti e svolgono un ruolo centrale, ad esempio, nella modulazione immunitaria e nella protezione contro i patogeni. I disturbi possono compromettere molti processi relativi alla salute e possono portare a malattie dell’ospite».

I meccanismi esatti alla base degli effetti delle microplasticAlimente sul microbioma intestinale degli animali selvatici non sono noti, ma i ricercatori hanno già presentato vari possibili scenari. Simone Sommer, direttrice dell’Institut für Evolutionsökologie und Naturschutzgenomik, evidenzia che «Oltre alle conseguenze delle lesioni meccaniche, potrebbero essere messi in discussione anche gli agenti patogeni trasportati dalle microplastiche o i disturbi chimici causati dai polimeri plastici».

Il team internazionale di ricercatori  puntano a capiere meglio in che modo organismi la cui dieta è cronicamente contaminata da microplastiche ne risentono.

All’Universität Ulm avvertono che «L’approccio interdisciplinare tra la ricerca sulla microplastica e quella sul microbioma è innovativo. Finora sono stati pubblicati solo pochi studi pilota, ma i risultati di laboratorio si basano spesso su alte concentrazioni di microplastiche. Questi potrebbero non essere rappresentativi delle concentrazioni osservate in natura». Tuttavia, il nuovo studio «Dimostra che i cambiamenti nel microbioma si verificano già a concentrazioni di microplastiche presenti nell’ambiente e ingerite da specie rilevanti».

Gli autori dello studio concludono: «Le nostre conclusioni riflettono l’attuale situazione in natura. Poiché anche gli esseri umani assorbono le microplastiche dall’ambiente e attraverso il cibo, questo studio dovrebbe fungere da monito per noi umani».

Tratto da del 07 Aprile 2023

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