LE COZZE DIMOSTRANO CHE LE MICROPLASTICHE SONO DIFFUSE IN TUTTI I MARI DEL MONDO

Gli scienziati hanno scoperto minuscoli frammenti di plastica nelle cozze negli oceani di tutto il mondo, dalle acque artiche presumibilmente incontaminate vicino alla Norvegia alle coste di Cina, Cile, Canada, Gran Bretagna e Belgio. I recenti risultati di diverse indagini rappresentano solo l’ultima prova che l’inquinamento da microplastica non riguarda solo gli ambienti marini, ma è ormai anche nel cibo  che mangiamo.

Amy Lusher, del Norsk institutt for vannforskning (Niva), spiega che«Gli scienziati hanno scoperto che le microplastiche sono state trovate ovunque nelle cozze».

Il recente rapporto “Testing of methodology for measuring microplastics in blue mussels (Mytilus spp) and sediments, and recommendations for future monitoring
of microplastics (R & D-project)” pubblicato dal Niva, la Lusher e i suoi colleghi hanno riferito di aver trovato plastica in oltre il 76% di mitili campionati in vari punti lungo la costa norvegese. Ogni mollusco conteneva in media 1,8 frammenti di plastiche di dimensioni inferiori a 5 millimetri di lunghezza.

A settembre un team di ricercatori statunitensi aveva riscontrato che anche il  sale marino, che viene utilizzato da molti consumatori, è contaminato da piccole quantità di microplastiche.

La Cina e l’Unione europea sono i principali produttori di cozze allevate; un business globale che vale  3 miliardi di dollari, Gli scienziati però tranquillizzano: si dovrebbero consumare grandi quantità di molluschi per mettere a rischio la nostra salute, ma aggiungono che, a differenza dei pesci e di altre forme di vita marina che si spostano costantemente, le cozze sono organismi sessili che vivono sul fondo del mare, il che fa di loro utili indicatori sulla consistenza e la diffusione dell’inquinamento da microplastiche in una determinata area.

Richard Thompson, professore alla Plymouth University ed esperto di microplastiche, ha detto alla Reuters: «Al momento è  un motivo di preoccupazione al momento piuttosto che un effettivo allarme per il consumo umano. E’ un segnale di allarme per il fatto che  dobbiamo fare qualcosa per ridurre l’input della plastica verso l’oceano».

Nei suoi studi Thompson ha dimostrato che livelli estremamente elevati di plastica nel fondo del mare possono danneggiare animali come i vermi marini e che si accumulano nei loro tessuti. Ma la maggior parte dei pezzi di plastica, passa semplicemente attraverso le viscere d elle creature marine come i  molluschi e degli esseri  umani. Secondo Thompson, «L’esposizione umana alle microplastiche nei prodotti ittici è probabilmente inferiore a quella quotidiana alle materie plastiche, dai giocattoli alle giacche di pile».

Gli scienziati vogliono scoprire se le microplastiche potrebbero portare cozze o ostriche a  produrre perle, che  in natura vengono spesso prodotte per combattere sostanze irritanti naturali come la sabbia.

Tratto dadel 28 Dicembre 20