IL SESTO SENSO DEGLI UCCELLI MIGRATORI È UNA PROTEINA NEGLI OCCHI?

E’ noto da tempo che gli uccelli possono percepire il campo magnetico terrestre e che  questa misteriosa abilità può aiutarli a ritornare a casa da luoghi sconosciuti o migrare per decine di migliaia di chilometri per raggiungere gli stessi punti di nidificazione. Per decine di anni i ricercatori hanno ipotizzato che i microscopici compassi per orientarsi nei cieli del pianeta fossero le cellule ricche di ferro  presenti nei becchi di alcune specie, ma negli ultimi anni gli scienziati hanno raccolto prove crescenti che questo sesto senso  dell’avifauna migratrice potrebbero venire da alcune proteine che permettono agli uccelli letteralmente di vedere i campi magnetici.

Due recenti lavori scientifici hanno confermato quest’ultima ipotesi  individuando una possibile proteine che sarebbe dietro questi “superpoteri”. Lo  studio  più recente, “Expression patterns of cryptochrome genes in avian retina suggest involvement of Cry4 in light-dependent magnetoreception”, pubblicato il 28 marzo sul Journal of the Royal Society Interface da un team di biologi svedesi della Lunds Universitet ha esaminato i diamanti mandarino (Taeniopygia guttata), mentre il precedente studioDouble-Cone Localization and Seasonal Expression Pattern Suggest a Role in Magnetoreception for European Robin Cryptochrome 4”, pubblicato il 22 gennaio su Current Biology da un team di scienziati tedeschi e danesi, ha studiato i pettirossi europei (Erithacus rubecula)  ed entrambi hanno indagato sulla presenza e sugli effetti della Cry4, una proteina sensibile alla luce che si trova nella retina degli uccelliSe i due team di ricercatori hanno ragione, sarebbe la prima volta che viene identificata una specifica molecola responsabile della rilevazione dei campi magnetici.

Commentando i risultati dei due studi su Science News, Peter Hore, un chimico dell’università di Oxford che ha studiato le reazioni chimiche coinvolte nell’orientamento degli uccelli, ha detto che «Questo è un progresso entusiasmante : abbiamo bisogno di più ricerche come queste».

La Cry4 fa parte di una classe di proteine ​​chiamate criptocromi, note per essere coinvolte nei ritmi circadiani o nei cicli di sonno biologico, ma per molte di queste proteine gli scienziati ipotizzavano da anni che reagissero con il campo magnetico terrestre basandosi sulla meccanica quantistica.  Secondo Atticus Pinzon-Rodriguez, il biologo dell’università di Lund  che ha guidato il team di ricerca che ha studiato i diamanti mandarino, «Le interazioni quantistiche della proteina potrebbero aiutare gli uccelli a percepire questo campo» e per capire quale dei tre criptocromi è responsabile di questa bussola quantistica gli scienziati svedesi  hanno esaminato la presenza delle tre proteine ​​Cry1, Cry2 e Cry4 nella retina, nei muscoli e nel cervello di 39 Taeniopygia guttata e dicono che «Mentre i livelli di Cry1 e Cry2 seguivano un pattern ritmico che aumentava e diminuiva nel corso della giornata, i livelli di Cry4 rimanevano costanti, indicando che la proteina veniva prodotta in modo costante». Un’altra autrice dello stesso studio, Rachel Muheim, aggiunge: «Presumiamo che gli uccelli usino le bussole magnetiche in qualsiasi momento del giorno o della notte».

Anche i pettirossi europei hanno anche mostrato livelli costanti di Cry4 durante un ciclo di 24 ore, con livelli più alti durante la loro stagione migratoria. I ricercatori  che hanno lavorato a questo studio hanno scoperto la  proteina Cry4 in un’area della retina del pettirosso che riceve molta luce, «in una posizione che potrebbe aiutarla a funzionare come una bussola».

Henrik Mouritsen, un esperto di  migrazioni animali dell’Institut für Biologie und Umweltwissenschaften della Carl-von-Ossietzky-Universität Oldenburg, che ha guidato il team sui pettirossi, sottolinea: «Abbiamo molte evidenze, ma [la Cry4] non è provata».

La prova definitiva potrebbe venire dall’osservazione degli uccelli privi della proteina Cry4 funzionante, per capire se senza conservano ancora una bussola interna.

Ma Hore conclude: «Anche allora, potremmo non capire ancora come gli uccelli percepiscano realmente i campi magnetici. Per saperlo, dovremmo essere un uccello».

Tratto dadel 05 Aprile 2018